
Lo sviluppo sostenibile è un concetto introdotto negli anni Settanta in seguito alla crisi petrolifera per promuovere l’idea di uno sviluppo economico rispettoso dell’ambiente e delle risorse a disposizione.
Da Wikipedia: la definizione oggi ampiamente condivisa di sviluppo sostenibile è quella contenuta nel rapporto Brundtland, elaborato nel 1987 dalla Commissione mondiale sull’ambiente e lo sviluppo e che prende il nome dall’allora premier norvegese Gro Harlem Brundtland, che presiedeva tale commissione:
« Lo sviluppo sostenibile, lungi dall’essere una definitiva condizione di armonia, è piuttosto processo di cambiamento tale per cui lo sfruttamento delle risorse, la direzione degli investimenti, l’orientamento dello sviluppo tecnologico e i cambiamenti istituzionali siano resi coerenti con i bisogni futuri oltre che con gli attuali ».
Per questo, lo sviluppo sostenibile si articola su più ambiti di intervento:
- Sostenibilità economica: intesa come capacità di generare reddito e lavoro per il sostentamento della popolazione.
- Sostenibilità sociale: intesa come capacità di garantire condizioni di benessere umano (sicurezza, salute, istruzione, democrazia, partecipazione, giustizia) equamente distribuite per classi e genere.
- Sostenibilità ambientale: intesa come capacità di mantenere qualità e riproducibilità delle risorse naturali.
Nella nostra società attuale in cui le risorse e le disponibilità finanziarie si stanno riducendo, diventa essenziale rafforzare le reti familiari, potenziare le attività già presenti sul territorio e la collaborazione fra le stesse, favorire un’agricoltura a basso impatto ambientale ed investire sulla cultura, per permettere al cittadino libera capacità consapevole di scelta.